Città del Messico Dichiarazione delle “Learning Cities”*

ConferenceGeneral

Premessa

Noi ministri, vice ministri, sindaci, vice sindaci, responsabili dell’istruzione, esperti di formazione e rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite, rappresentanti del settore privato e delle organizzazioni nazionali, internazionali e della società civile, provenienti da novantacinque paesi, ci siamo riuniti a Città del Messico dal 28 al 30 Settembre 2015 per la 2^ Conferenza Internazionale delle Learning Cities (ICLC). Oltre 650 partecipanti, che comprendono uomini e donne di tutte le età, provenienti da tutte e cinque le aree Unesco, si sono riuniti per condividere le loro esperienze, per imparare reciprocamente, stringere rapporti di cooperazione, creare sinergie e migliorare l’apprendimento permanente nelle comunità di tutto il mondo.

Ci siamo incontrati in un momento critico per il processo di difesa della pace mondiale e dei diritti umani, per la riduzione delle povertà e per la creazione di un programma globale di sviluppo sostenibile. Al recente vertice Sostenibile delle Nazioni Unite del 2015, gli Stati membri hanno concordato diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) che saranno determinanti nei prossimi quindici anni per lo sviluppo dell’umanità. Esprimiamo il nostro pieno sostegno per tutte le SDGs, ma in particolare per la SDG 4 (‘garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti’) e SDG 11 (‘rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili’). Siamo d’accordo che l’istruzione, l’apprendimento permanente dei cittadini e delle città di tutto il mondo hanno un ruolo cruciale da svolgere nella realizzazione di uno sviluppo sostenibile nei tre ambiti: sociale, economico e ambientale. Accogliamo quindi con favore l’attenzione della 2^ ICLC sulla sostenibilità.

Noi riconosciamo che le città di tutto il mondo devono affrontare sfide difficili. Queste includono il malgoverno, la corruzione, la povertà, la fame, le malattie, le disuguaglianze sociali, mancanza d’acqua e servizi igienico-sanitari, la disuguaglianza di genere, la disoccupazione, i conflitti, la violenza, i modelli non sostenibili di consumo e produzione, il degrado ambientale e le conseguenze del cambiamento climatico. Eppure le città hanno anche le strutture e i servizi per coinvolgere i cittadini nel campo dell’apprendimento permanente. Riteniamo pertanto che città dinamiche, interculturali e innovative, che oggi ospitano più della metà della popolazione mondiale, siano in una posizione forte per promuovere l’apprendimento permanente come un mezzo per affrontare le sfide dello sviluppo.

Il punto della situazione

Noi celebriamo i progressi compiuti nel promuovere l’apprendimento permanente nelle città di tutto il mondo dalla 1^ ICLC, che si è svolta a Pechino nel 2013. Accogliamo con favore il fatto che un numero crescente di città stanno adottando l’approccio di learning city come mezzo per perseguire uno sviluppo sostenibile. Lodiamo le innovative strategie di apprendimento permanente attuate nelle città al fine di responsabilizzare i cittadini e consentire di raggiungere il loro pieno potenziale; migliorare la coesione sociale, la solidarietà e l’uguaglianza; accrescere la prosperità economica e culturale; promuovere la salute e il benessere; proteggere l’ambiente.

Apprezziamo le indicazioni fornite dai due documenti finali della prima ICLC: la Dichiarazione di Pechino sulla costruzione delle Learning Cities, che afferma l’importanza vitale della formazione permanente per il futuro delle comunità urbane, le caratteristiche principali delle città che apprendono e che serve come lista di controllo delle azioni necessarie per costruirle.

Accogliamo inoltre con favore il sostegno fornito dalle Rete Globale delle learning cities dell’Unesco. Questa rete promuove il dialogo politico e l’apprendimento tra pari tra le città aderenti; fucine, legami e partnership con il settore privato, del mondo accademico e delle organizzazioni internazionali e della società civile; prevede lo sviluppo di capacità e di strumenti per incoraggiare e riconoscere i progressi compiuti nella costruzione di città che apprendono.

Indirizzi strategici per le learning cities

Ci rendiamo conto che c’è ancora molto da fare per attuare la Dichiarazione di Pechino sulla costruzione e le caratteristiche principali delle learning cities. Abbiamo quindi individuato le seguenti dieci direzioni strategiche per costruire città sostenibili che apprendono:

  1. Verificare che lo sviluppo dell’istruzione e dell’apprendimento permanente promuova un senso di solidarietà globale e di responsabilità individuale e sociale. Si tratta di incoraggiare i cittadini a contribuire all’integrazione sociale, adottando misure per comunità più sicure e più inclusive. Accrescere l’impegno civile, facendo partecipare le persone ai processi decisionali e rendendo i soggetti interessati responsabili del loro impegni e delle loro azioni.

  2. Attuare strategie di apprendimento permanente che promuovano la tutela dell’ambiente per motivare i cittadini a proteggere l’ambiente naturale, combattere il cambiamento climatico e adottare modelli sostenibili di produzione e di consumo.

  3. Offrire un’istruzione innovativa, diversificata e flessibile, opportunità di apprendimento permanente che migliorino la conoscenza e la comprensione dei problemi di salute dei cittadini, consentendo loro in tal modo di avere un migliore controllo delle loro condizioni di salute e di sviluppare atteggiamenti di cura e di sostegno verso gli altri. Inoltre, garantire che le condizioni strutturali e ambientali in atto contribuiscano positivamente alla salute e al benessere dei cittadini.

  4. Assicurarsi che i cittadini abbiano un accesso adeguato ai servizi di pubblica utilità come acqua pulita, servizi igienico-sanitari e di energia, in quanto questi sono i presupposti per la partecipazione all’istruzione e alla formazione permanente.

  5. Attivare tutti i cittadini a sostenere e beneficiare di una crescita economica sostenibile, inclusiva, fornendo loro istruzione accessibile e conveniente e opportunità di apprendimento permanente. Portare tutti i cittadini a fare un uso efficace delle TIC e di altre tecnologie di apprendimento moderne al fine di sviluppare le conoscenze, le competenze, i valori e gli atteggiamenti di cui i cittadini hanno bisogno per trovare un lavoro produttivo e soddisfacente e partecipare pienamente alla società.

  6. Coinvolgere tutti i cittadini, soprattutto le persone vulnerabili, quali i gruppi indigeni, le donne, le persone con disabilità, profughi e sfollati, metterli al centro di iniziative cittadine di apprendimento. Protezione sociale, inclusione economica e politica, garantendo che tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro età, orientamento sessuale o condizione economica, culturale, religiosa o etnica, acquisiscano le competenze di base e di cui hanno bisogno per far valere i propri diritti.

  7. Coinvolgere i diversi settori, sanità, istruzione, arte e cultura, sport e tempo libero, trasporti, assistenza sociale, l’urbanistica, l’alloggio e il turismo, e istituire partenariati tra governi, settore privato e società civile.

  8. Includere i giovani come parti interessate, attive e significative nella creazione delle città che apprendono.

  9. Fare propri nelle parole e nelle azioni valori etici fondamentali come il rispetto per le persone e la natura, e promuovere i diritti umani dei cittadini, migranti, rifugiati e abitanti delle città vicine.

  10. Incorporare la cultura e le arti come pilastri portanti della città che apprende e garantire che in questi si impegnino tutti i residenti e visitatori della città.

Chiamati all’azione

Siamo impegnati a perseguire gli indirizzi strategici di cui sopra per garantire che l’apprendimento permanente sia un fattore di sostenibilità sociale, economica e ambientale nelle città di tutto il mondo. Per promuovere la costruzione di learning cities sostenibili, invitiamo:

  1. I partecipanti a questa conferenza di essere ambasciatori dell’apprendimento permanente, e delle città che imparano continuando ad offrire ogni altro supporto e orientamento.

  2. L’ Unesco ad allargare la Rete delle Learning Cities, garantendo un’adesione inclusiva, diversificata, aperta a tutte le città degli Stati membri dell’Unesco che desiderano implementare le caratteristiche principali delle learning cities. Inoltre, invitiamo la Rete Unesco delle Learning Cities a sincronizzare le proprie azioni con altre iniziative delle Nazioni Unite in materia di sviluppo urbano, come UN-Habitat (il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani) e il programma di azione mondiale dell’UNESCO sull’Educazione per lo Sviluppo Sostenibile, e di avvalersi degli indicatori sviluppati da altre organizzazioni come l’OMS, indicatori del benessere e della salute.

  3. L’Unesco a monitorare lo stato di avanzamento delle città che apprendono, a riconoscere la diversità delle esperienze di apprendimento, a riconoscere le attività di apprendimento permanente eccellenti e a organizzare una biennale Unesco della “Learning City Award” sulle città che hanno fatto progressi eccezionali nell’attuazione delle caratteristiche principali di una learning city.

  4. I governi e le città che seguono le linee guida Unesco per costruire learning cities a stabilire quadri legislativi che supportino lo sviluppo delle città che apprendono, creare strutture coordinate in tutti i settori e allocare budget a tutti i livelli per rafforzare l’istruzione di qualità e l’apprendimento permanente accessibile a tutti.

  5. I governi a promuovere il coinvolgimento dei giovani nella costruzione di città che apprendono.

  6. Le organizzazioni educative regionali a collaborare con l’Istituto per l’apprendimento permanente sulla costruzione di reti e partenariati regionali e internazionali tra le città che apprendono.

  7. Il settore privato di dare priorità alla formazione permanente come parte della sua responsabilità nella formazione aziendale, e le organizzazioni della società civile a contribuire a fornire un’istruzione di qualità e opportunità di formazione e di apprendimento permanente per tutti.

  8. Tutti i cittadini a diventare studenti attivi, a contribuire al processo di apprendimento e a svolgere un ruolo attivo nel trasformare le loro comunità in ambienti di apprendimento che consentano l’accesso libero e aperto al materiale digitale e stampato, così come l’accesso alla cultura e alle arti.

La Conferenza loda l’impegno di Città del Messico a costruire una learning City. E ‘anche altamente apprezzato l’impegno annunciato dal sindaco di Città del Messico a svolgere un ruolo chiave nel corso dei prossimi due anni per promuovere l’agenda di apprendimento della città e di fornire una piattaforma per le città che in tutto il mondo apprendono, con il sostegno dell’Istituto per l’apprendimento permanente e l’Ufficio UNESCO in Messico.

Esprimiamo il nostro profondo apprezzamento al Governo del Messico, all’Amministrazione e alla popolazione di Città del Messico per la loro ospitalità e il sostegno ad ospitare la 2^ ICLC.

Città del Messico, 29 Settembre 2015

*Traduzione di Giovanni Fioravanti

Lizanne Foster “Cari studenti: da insegnante chiedo scusa”

Side profile of students standing in line for a school bus

Lizanne Foster

È un’insegnante di liceo di Surrey, in Canada. Ha cominciato a insegnare in Sudafrica. Ha un blog sull’edizione canadese dell’Huffington Post.

Cari liceali del 21esimo secolo,
la prossima settimana inizierà un nuovo semestre e sento di dover porgere le mie scuse. Nonostante i nostri sforzi, noi insegnanti non siamo riusciti a convincere chi ci governa che investire sull’educazione porterebbe benefici a tutti senza produrre, a differenza di altri investimenti, l’inquinamento dell’acqua e dell’aria.

Quindi, fin quando interessi più grandi avranno la meglio sui vostri bisogni, accettate le mie scuse.
Mi dispiace che dobbiate arrivare a scuola prestissimo, tutti i giorni, nonostante le neuroscienze indichino che il cervello di un adolescente non funziona al meglio prima delle 10.

Mi dispiace che dobbiate chiedere il permesso per uscire dall’aula e per andare in bagno anche se avete già la patente o un lavoro part-time, anche se state già decidendo del vostro futuro.

Mi dispiace che dobbiate stare seduti per cinque o sei ore al giorno, nonostante le ricerche abbiano reso noti gli effetti negativi che questo comporta sulle capacità cognitive e sulla salute.

Mi dispiace che siate divisi per età malgrado l’età biologica non abbia nulla a che fare con le capacità intellettuali, la maturità e le abilità di ciascuno.

Mi dispiace che molti di voi abbiano difficoltà a pagare gli studi e non ricevano alcun supporto perché le vostre esigenze non rientrano nei piani economici del governo.

Mi dispiace che dobbiate studiare materie che non vi interessano, in un momento storico in cui l’insieme delle conoscenze umane cresce ogni 12 mesi.

Mi dispiace che crediate di dover competere per ottenere i voti migliori, mentre l’intero progresso umano si deve alla collaborazione (che a scuola equivale a “copiare”).

Mi dispiace che abbiate libri di testo superati e strumentazioni tecniche obsolete.

Mi dispiace che il cosiddetto “apprendimento personalizzato” non abbia nulla di personale, forse perché costerebbe troppo, capite?

Mi dispiace che, nonostante tutta la pubblicità (che rientrava nel piano del governo), la cosiddetta Innovation Strategy (misura del governo della Columbia Britannica) tanto annunciata, non porterà alcun cambiamento, ma solo a nuovi modi di “classificare” ciò che fate a scuola.

Soprattutto mi dispiace che il sistema educativo sia costruito in funzione della vostra partecipazione a un’economia ‘estrattivista’, mentre il nostro ambiente (senza il quale non ci sarebbe alcuna economia) subisce stravolgimenti climatici che produrranno trasformazioni sul piano sociale, politico, e anche economico, per i quali non sarete minimamente preparati.

Mi dispiace tanto.

Vorrei che la vostra curiosità non fosse schiacciata dal conformismo dei programmi scolastici.

Vorrei avere una bacchetta magica per donarvi una scuola con spazi nei quali esplorare, sperimentare ed apprendere in nuovi modi.

Vorrei avere il potere di riaccendere in voi quella voglia di imparare che c’era nei vostri occhi durante i primi giorni di scuola.

Vorrei aiutarvi a ricordare che, prima di essere studenti, eravate dei piccoli scienziati, con tanta voglia di sperimentare, scoprire, fare domande, stabilire connessioni.

Eravate anche dei piccoli poeti… ricordate la meraviglia degli adulti quando vi sentivano descrivere il mondo intorno a voi?

Siete nati per imparare, non potete evitarlo.

Mi dispiace che vi facciano pensare che gli unici insegnamenti che contano siano quelli ricevuti a scuola, che importi solo quello che si impara in una classe. E non conta neanche tutto ciò che vi insegniamo, ma solo gli argomenti delle verifiche e dei compiti in classe.

Vorrei portarvi in quei paesi dove l’educazione è una priorità, che credono che il loro futuro dipenda dal futuro del sistema educativo.

Oggi l’ingegno riesce a risolvere quasi tutti i nostri problemi e noi, invece, stiamo sprecando la vostra capacità di trovare soluzioni creative. L’adolescenza è il momento della vita in cui l’essere umano raggiunge il picco dello sviluppo cognitivo. Ovunque ci sono prove della vostra capacità di pensare fuori dagli schemi e “creare” soluzioni.

Vorrei che chi governa potesse vedere tutto questo e vi desse una possibilità. Magari…

Cordialmente,
Un insegnante.

Blog e immagini sono state pubblicate da The Huffington Post Usa. Il post è stato tradotto dall’inglese da Milena Sanfilippo.

2030: Modelli di apprendimento *

Equinox

Un bambino nato oggi frequenterà la scuola superiore in un mondo molto diverso. Entro il 2030, conoscere semplicemente i fatti avrà poco valore. L’istruzione dovrà dotare gli studenti della capacità di pensare in modo creativo, in modo indipendente, rigoroso, nella piena consapevolezza di se stessi e del contesto sociale.

Per esplorare questo futuro, il “Waterloo Globale Science Initiative” ha raccolto Al Summit Equinox: Learning 2030 i leader in materia di istruzione e di insegnamento, professionisti, ricercatori e politici, assieme a giovani che hanno innovato i loro percorsi di apprendimento. 

Ha pubblicato il Learning 2030 Blueprint, un documento che fornisce raccomandazioni chiare sulla costruzione di un ambiente di apprendimento che favorisca il pensiero critico, il problem solving e l’innovazione. Qui sotto forniamo la traduzione italiana.

Learning 2030

*http://www.wgsi.org/

 

 

 

Cinque cose che ho imparato*

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Cinque cose che ho imparato, “Five Things I’ve Learned”, è un blog della Fondazione Pearson, la società leader mondiale dell’apprendimento. Raccoglie le riflessioni di diverse personalità della ricerca educativa internazionale. Mettendo insieme queste voci si propone di offrire una vetrina sulle prospettive dell’istruzione e dell’apprendimento.

Tra i numerosi interventi uno in particolare ci interessa. Ci interessa cosa dice Andreas Schleicher, tedesco, ricercatore nell’ambito dell’istruzione, duramente critico nei confronti del sistema scolastico della Germania, specialmente in merito alla sua forte selezione. Ma Andreas Schleicher cattura la nostra attenzione soprattutto perché è l’attuale direttore del programma dell’OCSE per la valutazione internazionale degli apprendimenti (PISA).

Obiettivo dell’istruzione, scrive Schleicher, è quello di consentire alle persone di diventare attori della formazione permanente, per gestire più complessi modi di pensare e di lavorare.

Di qui elenca le cinque cose che lui ha appreso.

Innanzitutto che nell’economia globale non sono gli standard scolastici a contare. Potremmo dire i livelli di prestazione richiesti dai test PISA, che tanto fanno discutere sulla collocazione di questa o quella nazione nelle classifiche OCSE. E quindi la corsa non può essere allo standard, ad impugnare la bandierina del primo in classifica, come finora anche nel nostro paese si è ritenuto. Ciò che conta sono i sistemi di istruzione, i loro risultati a livello internazionale. Finalmente uno sguardo non più alla pagliuzza nell’occhio, ma alla trave. Non sono i nostri giovani a non studiare, non sono i nostri insegnanti a non insegnare, ma è proprio il sistema che deve essere chiamato in causa. Utile per chi pensa che con l’autovalutazione di istituto e con una task force di ispettori si risolveranno i mali della nostra scuola. Schleicher ci dice semplicemente che in questo modo continueremo ad occuparci dei sintomi senza mai aggredirne le cause.

Il processo al sistema non può che muovere dai rapidi cambiamenti prodotti dalle nuove tecnologie che consentono di accedere a grandi quantità di informazioni, la digitalizzazione istantanea permette a individui e imprese, ovunque si trovino nel mondo, di essere più efficaci e competitivi. Per tanto conoscenze e competenze sono divenute la moneta globale del 21° secolo.

Quando ancora si pensava che quanto appreso a scuola sarebbe durato per tutta la vita, l’insegnamento dei contenuti e delle abilità cognitive di routine era il centro dell’istruzione. Di qui il secondo apprendimento. Oggi, che è possibile accedere ai contenuti su Google recuperando facilmente le conoscenze di routine, dove i lavori mutano rapidamente, l’attenzione è principalmente rivolta a rendere le persone capaci di essere soggetti della formazione permanente.

Ne deriva, come terzo apprendimento, che la deprivazione non deve essere più il destino per nessuno. L’equità nell’istruzione è la chiave della mobilità sociale e della democratizzazione del sapere.

I sistemi di istruzione in grado di abbattere le disuguaglianze sociali e di reddito sono quelli che impiegano gli insegnanti più bravi nelle classi più impegnative e i dirigenti scolastici più capaci nelle scuole più svantaggiate, permettendo così a tutti gli studenti un ottimo insegnamento ed elevati risultati. Ciò perché vengono messe in campo forme nuove di offerta formativa che consentono agli studenti di apprendere nei modi più favorevoli alla loro crescita. Standard e conformità sono gli obiettivi del passato; ora si tratta di essere geniali, nella personalizzazione dell’istruzione.

L’educazione moderna è formazione all’autonomia professionale all’interno di un cultura collaborativa. È il quarto punto appreso da Schleicher.

Nel vecchio sistema scolastico burocratico, gli insegnanti sono lasciati soli in aula, con un sacco di prescrizioni su cosa insegnare. I sistemi di istruzione che ottengono i migliori risultati si prefiggono obiettivi ambiziosi, sono chiari su ciò che gli studenti devono essere in grado di fare. Dotano gli insegnanti degli strumenti per stabilire contenuti e apprendimenti necessari ad ogni alunno preso singolarmente. Il passato era consegnato al sapere accumulato; il futuro è del sapere generato dalle persone.

Ma senza investimenti non c’è futuro per l’istruzione. È l’ultimo degli apprendimenti di Schleicher.

Potrebbe sembrare l’uovo di Colombo. Da sempre è così. Ma è un conto considerare l’istruzione un servizio, altro è ritenerla il motore dell’economia e dello sviluppo di un paese. Qui c’è un cambio di prospettiva ancora incompreso dalla politica e dai soggetti economici del nostro paese, che ragionano in termini di utilità immediate e con un’incapiente miopia nei confronti del futuro. Oggi più che mai senza investimenti sufficienti le competenze delle persone languiscono ai margini della società, il progresso tecnologico non si traduce in crescita della produttività, e nessun paese può più pensare di competere in un’economia globale sempre più fondata sulla conoscenza.

In molti paesi poveri di risorse naturali, l’istruzione ha prodotto forti risultati e un elevato status, perché il grande pubblico ha compreso che un paese vive delle sue conoscenze e abilità.

Il mondo è diventato indifferente alla reputazione della tradizione e del passato, non perdona le sterili consuetudini e l’ignoranza. Il successo è di quegli individui e di quelle nazioni che sono veloci ad adattarsi, restie a lamentarsi, aperte al cambiamento. Il compito per gli educatori e i responsabili politici è quello di garantire che il paese sia in grado di affrontare questa sfida.

*Pubblicato in ferraraitalia http://www.ferraraitalia.it/la-citta-della-conoscenza-cinque-cose-che-ho-imparato-45448.html

La città che apprende: la “Dichiarazione di Pechino”

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Beijing Declaration on Building Learning Cities Lifelong Learning for All: Promoting Inclusion, Prosperity and Sustainability in Cities Adopted at the International Conference on Learning Cities Beijing, China, October 21–23, 2013

Preambolo

Noi, partecipanti alla Conferenza internazionale sulle città che apprendono, co-organizzato dall’UNESCO, il Ministero della Pubblica Istruzione della Cina e il governo municipale di Pechino (Beijing, 21- 23 ottobre 2013) dichiariamo quanto segue:

Ci rendiamo conto che viviamo in un mondo complesso e in rapida evoluzione in cui le norme sociali, economiche e politiche sono costantemente ridefinite. La crescita economica e l’occupazione, l’urbanizzazione, il cambiamento demografico, i progressi scientifici e tecnologici, la diversità culturale e la necessità di mantenere la sicurezza umana e la sicurezza pubblica rappresentano solo alcune delle sfide per la governance e la sostenibilità della società.

Affermiamo che dobbiamo sforzarci di dare a tutti i cittadini, intesi come membri di una città o di una comunità, l’accesso ad una vasta gamma di opportunità di apprendimento per tutta la vita e incoraggiarne il loro uso.

Noi crediamo che l’apprendimento migliora la qualità della vita, dota i cittadini della capacità di anticipare e di affrontare nuove sfide, e aiuta a costruire società migliori e più sostenibili.

Riconosciamo che il concetto di apprendimento per tutta la vita non è nuovo; esso è parte integrante dello sviluppo umano ed è profondamente radicato in tutte le culture e le civiltà.

Riteniamo che l’apprendimento permanente conferisca benefici sociali, economici e culturali ai singoli studenti come all’intera comunità e dovrebbe essere un obiettivo primario di città, regioni, nazioni e della comunità internazionale.

Riconosciamo che la maggioranza della popolazione mondiale ora risiede nelle città e nelle regioni urbane, e che questa tendenza si sta accelerando. Come risultato, le città e le regioni urbane svolgono un ruolo sempre più importante nello sviluppo nazionale e globale.

Ci rendiamo conto che “comunità di apprendimento”, “città di apprendimento” e “regioni di apprendimento” sono i pilastri dello sviluppo sostenibile.

Riteniamo che le organizzazioni internazionali e regionali, così come i governi nazionali, hanno un ruolo vitale da svolgere nello sviluppo della società dell’apprendimento. Tuttavia, siamo consapevoli che questo sviluppo deve essere radicato nelle regioni sub-nazionali, nelle città e in tutti i tipi di comunità.

Sappiamo che le città svolgono un ruolo significativo nel promuovere l’inclusione sociale, la crescita economica, la sicurezza pubblica e la tutela dell’ambiente. Pertanto, le città dovrebbero essere architetti e esecutori di strategie che favoriscono l’apprendimento permanente e lo sviluppo sostenibile.

Riconosciamo che le città differiscono nella loro composizione etnica e culturale, per patrimonio e strutture sociali. Tuttavia molte caratteristiche di una città di apprendimento sono comuni a tutte. Una città che apprende mobilita risorse umane e di altro tipo per promuovere l’apprendimento inclusivo, da quello di base agli studi universitari; rivitalizza l’apprendimento nelle famiglie e nelle comunità; facilita l’apprendimento sul luogo di lavoro; estende l’utilizzo di tecnologie di apprendimento moderne; migliora la qualità dell’apprendimento; e alimenta una cultura dell’apprendimento per tutta la vita.

Noi immaginiamo che una città che apprende faciliti l’empowerment individuale, costruisca la coesione sociale, nutra la cittadinanza attiva, promuova la prosperità economica e culturale, e getti le basi per uno sviluppo sostenibile.

Impegni

Ci impegniamo nelle seguenti azioni, che hanno il potere di trasformare le nostre città:

 

  1. Potenziamento degli individui e promozione della coesione sociale.

Nelle città di oggi la responsabilizzazione individuale e la coesione sociale sono fondamentali per il benessere dei cittadini, per promuovere la partecipazione, la fiducia, la connessione e l’impegno civico. Per dotare i cittadini della capacità di anticipare e di affrontare le sfide di urbanizzazione. Le città dovrebbero attribuire grande importanza alla responsabilizzazione individuale e alla coesione sociale. Nello sviluppo della città che apprende, sostenere l’empowerment individuale e la coesione sociale significa:

  • assicurare ad ogni cittadino il possesso delle competenze di base;

  • incoraggiare e consentire alle persone di partecipare attivamente alla vita pubblica della loro città;

  • garantire la parità di genere;

  • creare una comunità sicura, armoniosa e inclusiva.

 

  1. Migliorare lo sviluppo economico e la prosperità culturale.

Mentre lo sviluppo economico gioca un ruolo fondamentale nell’ aumento del tenore di vita e nel mantenimento della salute economica delle città, la prosperità culturale è un potente contributo alla qualità della vita. Come un deposito di conoscenza, di significato e di valori, la cultura definisce il modo in cui le persone vivono e interagiscono all’interno delle comunità.

Nello sviluppo della città che apprende, promuovere lo sviluppo economico e la prosperità culturale significa:

  • stimolare la crescita economica inclusiva e sostenibile;

  • ridurre la percentuale di cittadini che vivono in condizioni di povertà;

  • la creazione di opportunità di lavoro per tutti i cittadini;

  • sostenere attivamente la scienza, la tecnologia e l’innovazione;

  • garantire l’accesso alle diverse attività culturali;

  • incoraggiare la partecipazione nel tempo libero e la ricreazione fisica

 

  1. Promuovere lo sviluppo sostenibile.

Per garantire la futura vitalità delle comunità, le risorse naturali devono essere utilizzate in modo da garantire una buona qualità della vita per le generazioni future. Lo sviluppo sostenibile non può essere raggiunto attraverso soluzioni tecnologiche, regolamentazioni politiche o incentivi fiscali da soli. Richiede cambiamenti fondamentali nel modo di pensare e di agire. L’apprendimento permanente è una parte necessaria per compiere questo cambiamento.

Promuovere lo sviluppo sostenibile significa:

  • ridurre gli impatti negativi delle attività umane economiche e di altro sull’ambiente naturale;

  • proteggere l’ambiente naturale e migliorare la vivibilità delle nostre città;

  • promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso l’apprendimento attivo in tutte le impostazioni.

 

  1. Promuovere l’apprendimento e i sistemi educativi.

Tutti i cittadini, indipendentemente dalle capacità, dal genere e dalla sessualità, dalle condizioni sociali, lingua, etnia, religione o cultura devono avere parità di accesso alle opportunità di apprendimento. Se una persona è esclusa dalla partecipazione al sistema di istruzione, la capacità di svilupparsi come individuo e contribuire alla propria comunità è compromessa.

Nello sviluppo della città che apprende, promuovere l’apprendimento inclusivo nel sistema educativo significa:

• ampliare l’accesso alla cura della prima infanzia e all’istruzione;

• ampliare l’accesso all’istruzione formale dal livello primario al livello terziario;

• ampliare l’accesso e la partecipazione degli adulti all’istruzione e alla formazione tecnica e professionale;

• migliorare la flessibilità dei sistemi di apprendimento permanente al fine di offrire opportunità di apprendimento diverse e soddisfare una serie di competenze;

• fornire sostegno ai gruppi emarginati, comprese le famiglie di immigrati, al fine di garantire l’accesso all’istruzione.

 

5. Rivitalizzare l’apprendimento in famiglia e nella comunità

L’apprendimento permanente non si limita ai contesti educativi o aziendali. Esso infonde tutta la vita di una città. Nella maggior parte delle società, la famiglia è un luogo particolarmente importante per l’apprendimento. Imparare nelle famiglie e nelle comunità locali costruisce capitale sociale e migliora la qualità della vita.

Nello sviluppo della città che apprende, va rivitalizzato l’apprendimento nelle famiglie e nelle comunità locali:

• creazione di spazi di apprendimento basati sulla comunità, fornendo risorse per l’apprendimento alle famiglie e alle comunità;

• garantire, attraverso la consultazione, che i programmi di educazione e di apprendimento rispondano alle esigenze di tutti i cittadini;

• motivare le persone a partecipare all’apprendimento in famiglia e nella comunità, con particolare attenzione ai gruppi vulnerabili e svantaggiati, come le famiglie in difficoltà, i migranti, le persone con disabilità, le minoranze e gli studenti della terza età;

• riconoscere la storia della comunità e la cultura, i modi indigeni di conoscenza e di apprendimento come risorse uniche e preziose.

 

6. Facilitare l’apprendimento sul posto di lavoro

A causa della globalizzazione, il progresso tecnologico e la crescita delle economie basate sulla conoscenza, la maggior parte degli adulti hanno bisogno di migliorare costantemente le loro conoscenze e competenze. A loro volta, le organizzazioni pubbliche e private hanno bisogno di abbracciare una cultura dell’apprendimento.

Nello sviluppo di città che apprendono è necessario facilitare l’apprendimento sul posto di lavoro:

• aiutare le organizzazioni pubbliche e private a diventare organizzazioni di apprendimento;

• garantire che tutti i membri della forza lavoro, compresi i lavoratori migranti, abbiano accesso a una vasta gamma di opportunità di apprendimento;

• incoraggiare i datori di lavoro e i sindacati a sostenere l’apprendimento sul luogo di lavoro;

• fornire adeguate opportunità di apprendimento per i disoccupati giovani e adulti.

 

7. Estendere l’uso delle tecnologie moderne per l’apprendimento.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) – in particolare Internet – hanno aperto nuove possibilità di apprendimento e di educazione. Le città moderne devono consentire a tutti i cittadini di utilizzare queste tecnologie per l’apprendimento e il self-empowerment.

Nello sviluppo della città che apprende estendere l’uso delle tecnologie moderne per l’apprendimento vuol dire:

• lo sviluppo di ambienti politici favorevoli all’uso delle TIC nell’apprendimento;

• utilizzare tecnologie che migliorano l’apprendimento da parte dei formatori, degli insegnanti e degli educatori;

• ampliare l’accesso dei cittadini agli strumenti informatici e ai programmi di apprendimento;

• sviluppare la qualità delle risorse e-learning.

 

8. Migliorare la qualità dell’apprendimento.

Non è sufficiente per le politiche e le pratiche di apprendimento permanente concentrarsi solo sul numero delle persone coinvolte. In molte città, c’è una disparità tra il numero di persone che partecipano all’ istruzione e alla formazione e quelle che riescono a padroneggiare abilità pertinenti e competenze trasferibili. La qualità è pertanto della massima importanza. In particolare, vi è una forte esigenza di promuovere competenze, valori e atteggiamenti che permettano alle persone di superare le differenze religiose, linguistiche e culturali, di coesistere pacificamente, e di scoprire una condivisione umana, morale e di principi etici.

Nello sviluppo di città di apprendimento, attribuiamo grande importanza al miglioramento della qualità dell’apprendimento con:

 • la promozione del cambiamento del paradigma dall’insegnamento all’apprendimento, e dalla mera acquisizione di informazioni allo sviluppo della creatività e all’ apprendimento delle competenze;

• aumentare la consapevolezza dei valori morali, etici e culturali condivisi, e promuovere la tolleranza delle differenze;

• utilizzare amministratori, insegnanti e educatori preparati;

• promuovere un ambiente di studio-friendly, in cui gli studenti abbiano, per quanto possibile, la proprietà del proprio apprendimento;

• fornire sostegno agli studenti con bisogni speciali, in particolare quelli con difficoltà di apprendimento.

 

9. Promuovere una cultura dell’apprendimento per tutta la vita.

 La maggior parte delle persone oggi sperimenta una varietà di ambienti di apprendimento. Quando i risultati di ogni apprendimento sono valutati, premiati e celebrati da una città, questo rafforza la posizione degli studenti nella società e li motiva a imparare ulteriormente. Questa motivazione dovrebbe essere sostenuta dalla fornitura di informazioni complete e consulenze per aiutare le persone a fare scelte informate di apprendimento.

Nello sviluppo di città che apprendono deve essere promossa una cultura vivace di apprendimento per tutta la vita:

 • riconoscere il ruolo dei mezzi di comunicazione, le biblioteche, i musei, le istituzioni religiose, sportive e i centri culturali, centri comunitari, parchi e luoghi simili come spazi di apprendimento;

• organizzare e sostenere eventi pubblici che incoraggino e celebrino l’apprendimento;

• fornire informazioni adeguate, orientamento e supporto a tutti i cittadini, stimolandoli a imparare attraverso diversi percorsi;

• riconoscere l’importanza dell’apprendimento in contesti informali e non formali e lo sviluppo di sistemi che riconoscono e premiano tutte le forme di apprendimento.

 

10. Rafforzare la volontà e l’impegno politico.

 Ci vuole una forte volontà e l’impegno politico per costruire con successo una città che apprende.

I politici e gli amministratori hanno la responsabilità primaria per mettere a disposizione le risorse politiche ed economiche per realizzare una città che apprende.

Nello sviluppo della città che apprende, si rafforzeranno la volontà e l’impegno politico:

• dimostrando una forte leadership politica e un impegno costante per trasformare le nostre città in città di apprendimento;

• sviluppare e attuare strategie fondate sulla partecipazione per promuovere l’apprendimento permanente per tutti;

• monitorare costantemente i progressi per diventare una città che apprende.

 

11. Migliorare la governance e la partecipazione di tutte le parti interessate.

Tutti i settori della società hanno un ruolo chiave da giocare per l’apprendimento e l’istruzione, per partecipare alla costruzione di una città che apprende. Tuttavia, le parti interessate ei cittadini sono più propensi a contribuire alla costruzione di una città che apprende se le decisioni vengono prese in modo partecipativo.

Nello sviluppo di città che apprendono, dovrà essere migliorata la governance e la partecipazione di tutte le parti interessate per:

• l’istituzione di meccanismi di coordinamento inter-settoriali per coinvolgere le organizzazioni governative e non governative e il settore privato nella costruzione della città che apprende;

• lo sviluppo di partenariati bilaterali o multilaterali tra i settori, al fine di condividere le risorse e aumentare la disponibilità di opportunità di apprendimento;

• incoraggiare tutte le parti interessate per fornire opportunità di apprendimento di qualità e per apportare il proprio contributo alla costruzione di una città che apprende.

 

12. Promuovere la mobilitazione delle risorse e il loro utilizzo.

Le città e le comunità che hanno abbracciato l’apprendimento permanente per tutti hanno visto miglioramenti significativi in ​​termini di salute pubblica, di crescita economica, di riduzione della criminalità e una maggiore partecipazione democratica. Questi benefici più ampi dell’apprendimento permanente presentano argomenti forti per aumentare gli investimenti nella costruzione delle città che apprendono.

Sviluppare città che apprendono, significa dare impulso alla mobilitazione delle risorse e al loro utilizzo per:

• incoraggiare maggiori investimenti finanziari da parte del governo, della società civile, organizzazioni del settore privato e singoli individui;

• utilizzare efficacemente le risorse per l’apprendimento di tutte le parti interessate e lo sviluppo di meccanismi di finanziamento innovativi per sostenere l’apprendimento permanente per tutti;

• rimuovere le barriere strutturali all’apprendimento, adottando a favore dei poveri politiche di finanziamento e fornendo vari tipi di sostegno a gruppi svantaggiati;

• incoraggiare i cittadini a contribuire con il loro talento, competenze, conoscenze ed esperienze su base volontaria;

• favorire lo scambio di idee, esperienze e buone prassi tra le organizzazioni in diverse città.

 

Chiamare all’azione

 

Numerosi luoghi già si definiscono città o regioni di apprendimento. Sono desiderosi di beneficiare del dialogo politico internazionale, di ricerca-azione, della creazione di capacità e di apprendimento tra pari, di applicare gli approcci di successo per promuovere l’apprendimento permanente. Pertanto

1. Facciamo appello all’UNESCO per creare una rete globale di città che imparano, per sostenere e accelerare la pratica dell’apprendimento permanente nelle comunità di tutto il mondo. Questa rete dovrebbe promuovere il dialogo politico e l’apprendimento tra pari, tra le città aderenti, creare

legami, agevolare i partenariati, fornire lo sviluppo delle capacità, sviluppare strumenti per incoraggiare e riconoscere i progressi.

2. Facciamo appello a città e regioni in ogni parte del mondo ad unirsi a questa rete, per sviluppare e attuare strategie di apprendimento permanente nelle loro città.

3. Facciamo appello alle organizzazioni internazionali e regionali perché diventino partner attivi in ​​questa rete.

4. Chiediamo alle autorità nazionali di incoraggiare le giurisdizioni locali per costruire città di apprendimento, le regioni e le comunità, e di partecipare alle attività internazionali di apprendimento tra pari.

5. Facciamo appello a fondazioni, aziende private e organizzazioni della società civile a diventare partner attivi della rete globale delle città che apprendono, sulla base dell’esperienza acquisita in iniziative del settore privato.

 

Ringraziamenti

Siamo grati per la generosa ospitalità e la leadership costante del Ministero cinese della Pubblica Istruzione e del governo municipale di Pechino nella co-organizzazione di questa Conferenza. Riconosciamo anche i successi del governo municipale di Pechino nel trasformare la vibrante capitale cinese in una città che apprende.

Ringraziamo il Ministero della Pubblica Istruzione della Cina, la Commissione Nazionale della Cina per l’UNESCO, Festo, DVV internazionale, Re Group, l’Organizzazione degli Stati Iberoamericano (OEI), e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) per sostenere finanziariamente la partecipazione di delegati provenienti da paesi a basso reddito.

 

L’erotica in cattedra *

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Il sapere come principio del piacere. L’erotica dell’insegnamento che propone Massimo Recalcati per riscoprire la singolare bellezza dell’apprendere, la conoscenza come oggetto del desiderio, come oggetto erotico. Ma cultura, educazione, istruzione e insegnamento, sono termini che tutti confluiscono in uno stesso campo semantico, in una stessa energia erotizzante o al contrario possono tra loro entrare in conflitto, escludersi a vicenda?

La questione se la poneva Lev Tolstoj intorno agli anni Sessanta del diciannovesimo secolo. Tolstoj risolve il problema sostituendo al concetto di educazione quello di ‘cultura’, sostenendo che si deve operare una netta distinzione tra i concetti di cultura, educazione, istruzione e insegnamento.

La cultura è la somma di tutte le esperienze che formano il nostro carattere, mentre l’educazione è il prodotto della volontà di plasmare la personalità e il comportamento delle persone. Ciò che differenzia l’educazione dalla cultura è, dunque, ‘il carattere coercitivo’, l’educazione è cultura obbligatoria; la cultura è libertà.

Senza istruzione e insegnamento non si vive, la qualità della scuola si gioca tutta qui, sulla qualità dei saperi e degli insegnanti. L’educazione non ha bisogno di investimenti. I saperi e gli insegnanti invece sì. Sono i testimoni di quella cultura della cui bellezza fin da piccolissimi i nostri giovani, e non solo, si devono nutrire e innamorare.

È di questi giorni il richiamo della Commissione libertà civili e affari interni dell’europarlamento perché nessuno in Europa spende meno di noi per l’istruzione pubblica e per gli stipendi dei docenti.

Istruzione e insegnamento non sono mai asettici, perché servono indifferentemente sia la cultura che l’educazione. Ogni trasmissione di conoscenza da una persona all’altra è istruzione, come condividere capacità con gli altri è insegnamento. Entrambi sono processi culturali quando sono liberi, divengono però processi educativi quando l’insegnamento è imposto, quando l’istruzione è esclusiva, quando si insegna solo ciò che è prescritto dai programmi.

Senza libertà non c’è principio del piacere, senza abbandono dei corpi non c’è eros, per questo le ore di lezione che possono cambiare la vita, di cui parla Recalcati, non avranno mai cittadinanza nelle nostre scuole. E le eccezioni non fanno la norma.

Quello che non va, quando si parla di riforme della scuola è proprio questa incapacità di pensare una scuola che liberi i nostri giovani dalla scuola stessa, una scuola che serva la felicità delle persone, che è diritto universale, non per farne dei deficienti felici, ma per farne degli uomini e delle donne ricche di sapere vero e autentico, anche difficile e faticoso, libere, non asservite né ai fini di un sistema sociale, né ai fini di un qualunque credo, religioso o politico che sia.

Per essere chiari dovremmo dire che la scuola autentica è qualcosa che si muove in direzione opposta a quella seguita dalle nostre consuetudini.

Se la cultura è libertà, l’istruzione non può significare fornire a tutti e in egual modo le stesse informazioni secondo un programma prestabilito. Ma è proprio questo invece quello che facciamo nella realtà quotidiana delle nostre aule. È infatti opinione, difficile da sradicare, che a scuola si debba insegnare tutto ciò che è ritenuto necessario dal sistema sociale.

O si aggredisce criticamente questa concezione storicamente costitutiva del nostro sistema scolastico o parlare di riforme è puramente eufemistico. Il sistema potrà migliorare, ma per rimanere sempre identico a se stesso, più abbellito, più accettabile, una nuova carrozzeria, ma sempre lo stesso motore per percorrere le strade di sempre.

I nostri edifici scolastici sono magazzini di vite, catalogate per classi, archiviate nei banchi e nelle cattedre, predisposte per trasmettere e ricevere quel tanto di stock di nozioni inevitabili che, nel loro insieme, costituiscono appunto i programmi scolastici.

Come arriva a destinazione questo stock, è poi graduato dal meccanismo di una scala numerica, che le scuole chiamano voti.

Strana questa ostinazione, questo rovesciament della realtà, questa coazione a scaricare sugli alunni il fallimento del sistema: l’idea che tutti gli studenti si impadroniscano, senza eccezioni, dell’intero materiale nozionistico predisposto per loro. Siccome questo non è mai accaduto, anziché rivedere il sistema, si è stabilito, come fosse nell’ordine naturale delle cose, un meccanismo a perdere, un congegno capace di eliminare quanti non apprendono un numero sufficiente di nozioni.

Come dire che questa scuola con la cultura, almeno nella definizione di Tolstoj, non c’entra niente, men che meno con l’erotica dell’insegnamento di Recalcati. Anzi è una scuola che si oppone al sapere e alla conoscenza propriamente detti.

L’apprendimento è un processo culturale, mai educativo, in cui la scuola deve evitare ogni interferenza, ma essere in grado, di fare ciò che ancora non sa fare, predisporre gli ambienti di apprendimento, non i silos e i magazzini di generazioni e generazioni da plasmare giorno dopo giorno a immagine di se stessi.

Il mestiere a cui è chiamata la scuola oggi è quello di predisporre le scenografie, tenere la regia della cultura, la regia dei saperi. Mettersi a disposizione della sceneggiatura, in modo che ogni singolo studente, ogni bambino, ogni bambina, ogni ragazza ogni ragazzo possa scrivere la propria, secondo le sue esigenze, secondo il tipo di insegnamento di cui ha bisogno e a cui aspira.

Non è forse quello che succede quotidianamente nel grande tessuto di apprendimenti che è la vita e che il nostro sistema scolastico con un certo sussiego d’antan continua ostinatamente a definire extra-scuola?

* Pubblicato su ferraraitalia http://www.ferraraitalia.it/la-citta-della-conoscenza-mobilitare-i-saperi-qualcuno-ci-ha-gia-pensato-40681.html

Mobilitare i saperi. Qualcuno ci ha già pensato*

 

mobilitare i saperi

L’idea è quella di fare uscire saperi, cultura, esiti delle ricerche dalle aule accademiche, dalle biblioteche e dagli archivi, farli circolare, dare loro respiro, tradurli in ossigeno per le persone, per la società intera. Farli diventare oggetti di dialogo, di connessioni effettive con i bisogni di una società della conoscenza concepita in modo dinamico e non statico, aprire i sancta sanctorum della cultura alle necessità impellenti della nostra epoca. Colmare la distanza tra ricerche, nuovi saperi e la necessità di migliorare le competenze della società civile, sia sul versante politico, sia sul versante dell’organizzazione sociale, sia riguardo a tutti i settori produttivi e non in cui si articola la vita di ogni comunità.

È ciò che dal 2012 ha compreso il Forum canadese per la mobilitazione della conoscenza, il ‘Canadian KMb’, nato per iniziativa dei dipartimenti di scienze sociali e umane delle università canadesi (SSHRC). I Forum sono a tema e tutti possono partecipare, tutti ne possono beneficiare. Poiché l’idea è mobilitare le conoscenze, ogni anno i forum si spostano da una città all’altra del Canada, il tema per il 2015 è ‘La creatività come pratica per mobilitare le diverse forme del pensiero’.

I Forum sono organizzati come un’opportunità per condividere ciò che si sa e per spingersi oltre i confini degli attuali saperi. Sono eventi che fanno incontrare professionisti, ricercatori, studenti, amministratori, opinion-leader e le migliori menti impegnate nella arte e nella scienza.

In questo modo la mobilitazione delle conoscenze appare come la condizione indispensabile per migliorare le prassi sociali, per processi formativi avanzati, per migliorare l’occupazione, per l’innovazione, per accrescere il valore complessivo della società.

Che viviamo nella società della conoscenza è un dato ormai ampiamente acquisito, come è indiscutibile che la conoscenza è indispensabile alla crescita del capitale umano.

Ciò che invece rimane oggetto di dibattito, di riflessione e di critica è la gestione della conoscenza, ciò che gli economisti hanno definito come ‘knowledge management’, l’uso della conoscenza, la sua diffusione e fruizione in funzione del mercato e della globalizzazione.

Ci sono in gioco la democrazia, i diritti, l’autodeterminazione e le libertà. È evidente quando il governo delle conoscenze è nelle mani di pochi decisori, di interessi economici e politici, di strategie volte a condizionare scelte e comportamenti di persone, popoli e paesi. Per tanto società della conoscenza e knowledge management non sono di per sé sinonimi di progresso, di conquiste sociali, di più benessere e di più democrazia. Specie se benessere e democrazia vengono dosati con strategica determinazione.

Ci sono però alcuni elementi che, oggi più di ieri, accomunano il destino della specie umana sulla Terra. Innanzitutto la consapevolezza di appartenere ad una umanità che condivide le proprie radici biologiche con il resto della natura, al meno per quanti culturalmente assegnano all’evoluzionismo un valore scientifico. E poi la globalizzazione. La globalizzazione come prospettiva mondiale ha contribuito a renderci consapevoli di condividere il futuro del pianeta con tutte le vite che lo abitano.

Da questo punto di vista il nostro futuro non ci appare dei più brillanti. La distruzione della biosfera, i cambiamenti climatici e gli squilibri dell’ecosistema operati dall’azione umana, unitamente al loro impatto ambientale e sociale, sono divenuti questioni sostanziali. È soprattutto sul fronte sociale che non siamo preparati, che siamo lontani dal prevedere le sfide poste dalle dinamiche globali della nostra epoca.

Il tema è, dunque, quali cambiamenti, quali conoscenze sono necessarie per confrontarci con queste sfide senza precedenti. Di conseguenza la nostra comprensione del comportamento umano collettivo e la nostra capacità di gestire tutto ciò diventano i fattori chiave, pertanto conoscenza e capacità di innovare l’organizzazione sociale, sia su scala locale che globale, sono il cuore del destino dell’umanità.

Una società della conoscenza non può che fondare il suo disegno e la sua evoluzione in accordo con la dinamica del valore sociale della conoscenza, che si nutre di idee, di emozioni, di lungimiranza, che sa guardare verso tutti quei territori che ancora non sono esplorati. Detto in questi termini, la società della conoscenza è sempre il luogo delle utopie possibili, del pensiero non improbabile. Parlare di cultura e di valore sociale significa assumere come punto di vista non gli interessi dell’economia e del mercato, ma il benessere collettivo.

Allora emerge una strada da percorrere, che si muove nella direzione dell’evoluzione della gestione delle conoscenze, che non è il knowledge management finora conosciuto. La strada è quella di mobilitare le conoscenze, di farle fluire nel tessuto sociale di tutti, per favorirne la più ampia diffusione e condivisione. E qui entra in gioco la grande rilevanza dei centri di ricerca, degli enti culturali, delle università, dei governi, delle comunità, dei network come agenti primi di questo processo.

L’iniziativa canadese suggerisce un’idea di società della conoscenza nella quale le dinamiche collettive non sono quelle materiali e monetarie, ma quelle di ordine umano, culturale e civile, capaci di bilanciare le politiche di un knowledge management centrate sulla crescita economica e finanziaria.

Una società della conoscenza senza mobilitazione delle conoscenze non è altro che un controsenso. Se non si intraprende per davvero una strada capace di mobilitare, diffondere, condividere saperi e culture non solo faremo fatica a difendere e tutelare l’ambiente e la vita sul nostro pianeta, ma neppure potremo avanzare sul terreno della giustizia sociale, della lotta all’ignoranza, all’intolleranza, alla superstizione, al dogmatismo, al fondamentalismo i cui rigurgiti ogni giorno imbrattano le pagine della nostra storia umana. Del resto le maggiori conquiste di civiltà possono essere descritte come straordinarie mobilitazioni della conoscenza. Forse la più grande mobilitazione della conoscenza che mai la storia abbia conosciuto è richiesta oggi in cima alla scala della globalizzazione.

* Pubblicato su ferraraitalia http://www.ferraraitalia.it/la-citta-della-conoscenza-mobilitare-i-saperi-qualcuno-ci-ha-gia-pensato-40681.html

Quando la tipografia era una tecnologia avanzata. C. Freinet e le scuole in rete.

Conferenza Freinet

I materiali della conferenza:

Freinet 20 febbraio 2015 (Slides)

Conferenza 20 febbraio 2015 (Appunti)

L’incubatrice*

 L'incubatrice

Avete mai pensato alla nostra scuola come a una incubatrice? Entri a sei anni e ne esci a diciotto, se tutto va bene. Se l’incubatrice o l’incubato non hanno crisi di rigetto. Entri che non sai né leggere né scrivere, esci che sai di lettere, di matematica, di fisica, di lingue e di filosofia. Insomma esci che sei quasi una enciclopedia, una persona colta. Appunto coltivata, incubata.

Per che cosa? Per l’università o per il mercato. Che non ti prenderanno così come esci dalla scuola, perché a loro volta ti vorranno fare l’analisi del sangue.

Occorre che nel frattempo non ti prenda il sospetto circa il senso di quello che vai facendo. Perché fa parte delle regole di partecipazione alla cultura della tua specie. Agli animali va meglio, il periodo dell’addestramento è molto più breve rispetto agli umani e poi sono liberi di scorrazzare nella natura.

Noi la natura dobbiamo invece dominarla, governarla. Noi dobbiamo costruire le cattedrali antiche e moderne. Noi dobbiamo servire la nostra generazione, quelle che ci hanno precedute e quelle che verranno.

Noi viviamo e cresciamo per il grande contenitore che ci contiene che sono i nostri simili. È questo contenitore che ci dà senso, a partire dai nostri genitori che ci hanno desiderato. Sono loro che hanno iniziato a scrivere la nostra narrazione.

“Ciascuno cresce solo se sognato” recitava Danilo Dolci e il grande psicologo statunitense Jerome Bruner aggiunge che “Non si ha una vita se non la si racconta”.

Avere una vita da raccontare, avere una vita perché qualcuno ti ha sognato.

È possibile passare da una scuola che incuba cittadini, a una scuola che li sogna? Che racconta la storia di ragazze e di ragazzi per ciascuno dei quali coltiva un sogno?

Se non sei una storia da raccontare, se non appartieni a un sogno, sei un indistinto, uno dei tanti da prendere quando è giunto il tuo tempo e da mettere insieme agli altri nel reggimento di una caserma o nella classe di una scuola. Dipende dalla tua età e dal tuo destino.

Comunque quando è ora inizia anche per te il tuo addestramento. In fila con gli altri, in banco con gli altri, con la divisa o senza la divisa, non ha importanza, perché per tutti sarai un alunno, un allievo, un discente, uno studente, uno scolaro, sarai per quello che farai, mai per quello che sei, un essere ordinato in un luogo, in un’ora, in un’attività, in un fluire del tempo tutto uguale a quelli dei tuoi simili per età e per destino.

La raccolta dei nostri affetti nell’anonimato di uno spazio, di un luogo, di un tempo. Classi, scuole che sono non luoghi, come sale d’attesa della vita.

Ecco il trattamento quotidiano che riserviamo nelle scuole della repubblica ai nostri figli e alle nostre figlie.

Loro portano il peso degli zaini, come ogni soldato alla battaglia, noi portiamo il peso delle nostre responsabilità. Dell’ incapacità di offrirgli una scuola diversa, che non sia più quella dei nostri tempi, che non sia più il regime-scuola, che non sia più “la scuola”, che non sia più imparare dal banco, dalla lavagna, dal libro di testo, dalla voce dell’insegnante.

Noi portiamo il peso della nostra pigrizia intellettuale, della pigrizia di chi dovrebbe praticare la cultura e invece la consuma senza rigenerarla, perché non ha spirito, perché non ha invenzione, perché non ha intelligenza. Portiamo il peso di finanziare intellettuali senza intelletto, ripetitori, megafoni del passato, lacchè del politico di turno.

Non siamo capaci di pensare e di disegnare un’altra scuola, un altro modo di imparare, una nuova umanità di apprendimento.

Grigie cattedre di pedagogia senza fantasia, senza la sete del nuovo, nel totale squallore intellettuale, incapaci di immaginare una scuola diversa, una scuola nuova da offrire ai figli del nostro paese. Sono morti i tempi dei grandi pedagogisti, dei maestri quotidiani, coraggiosi pionieri di ogni innovazione, portatori di spiragli di luce nella monotonia delle nostre scuole.

Pare che l’obbligo scolastico sia per le persone, non per lo Stato che non si occupa delle condizioni che impone. Come l’obbligo militare una volta. L’obbligo da noi fa dovere al cittadino ma non all’istituzione.

Se l’istruzione è un diritto è come il diritto alla vita, alla libertà di espressione, il diritto è una libertà non un’oppressione. La cultura non è schiavitù, non è umiliazione, non è mortificazione, è liberazione, non è sopraffazione dell’accademico sul discente, è affiancamento, incoraggiamento, accompagnamento, gratificazione. La cultura è apertura, è l’ossigeno che ovunque si respira, è la fame di sapere, si nutre dalla nascita e dalla nascita si familiarizza, dopo è troppo tardi. Ma anche questo è da sapere, anche questo è da capire.

Dopo c’è solo la liturgia, l’ingessamento della lezione, la nozione, l’esercizio, la ripetizione, i voti, l’interrogazione e gli esami.

La cultura invece è un abito da apprendere subito, è applicazione, è provare, è riuscire, è conquistare, è misurarsi nel saper fare, riprovare e riprovare se necessario, è come le cose e la vita di tutti i giorni. Non è un compartimento separato, una tradotta su cui salire senza destinazione, tutti indistintamente ammassati.

L’istruzione è un obbligo, come l’obbligo di nutrirsi per non lasciarsi morire.

Nutrire il Pianeta è lo slogan di Expo 2015. Istruire il Pianeta, forse sarebbe stato preferibile, ma non abbiamo sull’istruzione un “eataly”, cibi di alta qualità da distribuire, nessuna riflessione sull’istruzione sostenibile oggi. La pancia è meglio della mente, del resto a pancia vuota non si ragiona. Evidentemente la pancia del nostro paese da troppo tempo è vuota per essere in grado di ragionare sulla scuola dei suoi figli.

Che va bene così, perché così è sempre stato, perché la scuola deve formare dei buoni cittadini e poi ognuno se la vedrà, perché non abbiamo soldi e poi, tanto, è mica a scuola che si impara… A scuola si socializza, si apprende a superare le frustrazioni, ci si abitua all’impegno, ai compiti, ad essere valutati, la scuola irrobustisce. Insomma la scuola è una palestra!

Ah, dimenticavo, l’educazione fisica della vita …, l’istruzione è tutta un’altra cosa.

* Pubblicato su ferraraitalia
http://www.ferraraitalia.it/lincubatrice-ovvero-di-una-scuola-che-ha-bisogno-di-nuovo-ossigeno-e-nutrimento-35186.html