Dio, Patria, Famiglia e Merito

E il merito torna a varcare il portone del palazzo del ministero di viale Trastevere. In questo non ci sarebbe nulla di straordinario, semmai verrebbe da chiedersi quando è accaduto che il merito ha divorziato dall’istruzione. 

Nel nostro paese, come nel resto del mondo, a scuola il merito di ciascuno nello studio è misurato dalla scala numerica dei voti o da quella pentenaria delle lettere.

Nel 2007 il Ministero dell’istruzione ha pure istituito l’albo delle eccellenze a disposizione delle università e delle imprese. 

Del resto è compito della Repubblica per dettato dell’art 34 della Costituzione garantire ai “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi,  di raggiungere i gradi più alti degli studi.” 

Il discorso qui si fa più arduo per via dello stato delle finanze pubbliche e per le condizioni in cui versa l’ascensore sociale da tempo bloccato senza che nessuno si preoccupi di provvedere alla sua manutenzione, per non parlare del crescente problema della fuga dei cervelli.

È dunque naturale che venga da chiedersi perché intitolare un dicastero all’Istruzione e al Merito e, se è un modo per richiamare il monito costituzionale, perché allora non anche alla Capacità?

Le parole non sono mai a caso, cariche come sono di significati compongono il lessico di una cultura e ogni cultura è portatrice di una interpretazione del mondo. Per dirla con Umberto Eco: “Le abitudini linguistiche sono spesso sintomi importanti di sentimenti inespressi“. (1)

Se dici dio, patria e famiglia dichiari i tuoi archetipi, i pilastri che reggono i tuoi pensieri, i tuoi costrutti mentali, per cui le tue scelte, i tuoi concetti, le tue idee non possono che passare di lì. Quelle sono le tue certezze, tali da non ammetterne altre, perché viceversa non sarebbero più certezze.

Viene da concludere che quel ministero all’Istruzione e al Merito abbia la stessa lunghezza d’onda semantica di Dio, Patria e Famiglia.

Insomma bisogna guadagnarsi il riconoscimento della patria e il paradiso a partire dalla scuola e chi se lo guadagna di più merita di essere premiato, non si sa per ora come, con la forza degli encomi, degli attestati, delle medaglie o dei concorsi Veritas, staremo a vedere.

Oppure chi non intende partecipare alla gara del merito demerita, quindi va ammonito, semmai castigato riportando in auge la bocciatura in una scuola degenerata che nella vulgata ormai comune promuove tutti.

Dio, patria, famiglia e merito contro i danni della scuola progressista denunciati dalla coppia Mastrocola, Ricolfi. Finalmente anche Ernesto Galli della Loggia potrà brindare per il ritorno alla scuola seria di una volta, alla scuola della meritocrazia. 

Lui che dalle pagine del Corriere della Sera ha sempre accusato la scuola italiana di avere abbandonato il merito, di avere abdicato alla selezione e quindi alla pratica delle bocciature, denunciando che così facendo non sono più solo “i capaci e meritevoli” a proseguire negli studi, ma tutti indistintamente in nome di una mal concepita inclusione. 

Con il nuovo Ministero dell’Istruzione e del Merito si tornerà finalmente alla normalizzazione delle scuole e a giudicare la bontà di una scuola non più dal numero dei promossi, ma dal numero dei respinti,

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito come lenitivo  a quella specie italiana a cui ancora viene l’orticaria alla sola espressione “Non uno di meno” o alla sola evocazione di don Milani e della sua “Lettera ad una professoressa”, considerati sciagure della scuola italiana.

Ci troviamo di fronte al riavvolgimento di una pellicola già vista, quando a capo del ministero dell’istruzione c’era Maria Stella Gelmini. Nel 2006, di fronte alle deludenti performance dei quindicenni italiani all’ OCSE Pisa, affidò a Roger Abravanel, ingegnere, manager e consulente aziendale di varie multinazionali, oltre che autore di diversi libri sulla meritocrazia, il progetto nazionale PQM acronimo di Piano Nazionale per la Qualità e il Merito, di valutazione degli studenti e della qualità dell’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado.

Nella conferenza stampa di illustrazione del piano nazionale la ministra e l’ingegnere dichiaravano la volontà di puntare sulla qualità dell’insegnamento piuttosto che sulla quantità a sostegno dell’idea che solo la meritocrazia negli studi può fungere da volano per l’economia del nostro paese. 

A giudicare dal numero scarsamente rilevante delle classi di scuola media che allora vi  aderirono e dalla esiguità dei fondi nazionali messi a disposizione, sembra che  il PQM sia servito soprattutto all’obiettivo di far emergere gli studenti già dotati di loro, a prescindere dalla qualità della scuola ed evitare nel contempo che la nostra scuola, così come è, li potesse guastare. 

Non è difficile che la prassi quotidiana delle nostre aule finisca per mortificare il merito,  quando addirittura per demotivare allo studio. 

Ricordate nel 2014 Daniele Doronzo, 17 anni di Barletta? Genio della fisica che vuole anticipare di un anno l’esame di maturità per andare a studiare negli Stati Uniti, ma gli viene impedito dal Consiglio di classe nonostante abbia tutti otto, salvo per un sette in condotta beccato perché in gita scolastica ha fatto il bagno in mare disobbedendo ai professori i quali hanno dichiarato: “Ci sfidava, il nostro compito non è promuovere i talenti ma educarli”

Ecco, dietro al merito da affiancare all’istruzione si nasconde la volontà di promuovere i talenti o di educarli?  La risposta a Dio, Patria e Famiglia.

(1) U. Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano, 2017