La lingua fascista batte dove il dente duole

La storia ci ha insegnato che, pur avendone già fatto esperienza, non si ha mai la garanzia di poter riuscire a prevedere un determinato esito, soprattutto se l’esperienza è lontana nel tempo. Questo è vero soprattutto per quelle società che rischiano l’analfabetismo democratico perché non hanno saputo mantenere efficiente la memoria di fatti accaduti molto tempo addietro, in modo particolare per le generazioni che non possono averli vissuti.

Quando la Destra di Giorgia Meloni etichetta come devianze giovanili: droga, alcolismo, tabagismo, obesità, anoressia, bullismo, baby gang, hikikomori promettendo generazioni di italiani “sani e determinati”, ciò che preoccupa non è la possibilità di un regime liberticida prossimo venturo, non il ritorno al ventennio dei fasci littori, ma il persistere e il crescere di una subcultura lugubre e reazionaria, con suggestioni eugenetiche, quella stessa che ha partorito le leggi razziali, le discriminazioni sessuali, l’ostilità contro gli immigrati.

Non è il fascismo evidente, che dovremmo essere in grado di riconoscere, che ci deve preoccupare, ma il fascismo occulto, il fascismo latente. 

Perché dai germi della mentalità fascista questo nostro paese non si è mai liberato del tutto.

Ancora troppe strutture e istituzioni della società sono organizzate in modo gerarchico e piramidale, dove sovente l’autorità non è autorevolezza ma autoritarismo e incompetenza, istituzioni che si prestano ad essere terreno per la germinazione di spiriti e comportamenti fascistoidi. La stessa scuola, che dovrebbe essere il baluardo contro le distorsioni della democrazia, non è esente dal rischio di preoccupanti ritorni reazionari prodotti da una crisi di identità ostinatamente abbarbicata alle cattedre, ai voti in condotta, al latino, alle bocciature, a tutto il repertorio della sua genesi gentiliana.

Anche la reazione piccata che alcuni democratici illuminati hanno nel dichiararsi antifascista, assomiglia tanto al rifiuto degli antibiotici di fronte alla circolazione di batteri che non si vogliono prendere in considerazione. Pertanto la produzione degli anticorpi non è mai abbastanza.

Ciò che chiamiamo fascismo in senso lato, non è tanto il riferimento al ventennio del secolo scorso, che è comunque sempre sottinteso, quanto una forma mentis, una sopraffazione mentale che si esprime con la violenza delle parole e dei pensieri.

E in questo la Meloni non si è smentita, considerando “devianza giovanile” la malattia, il corpo non sano, sia da un punto di vista fisico che psichico, con una semplificazione che mette all’indice ogni complessità, che nega cittadinanza alla psicologia del profondo, alla capacità di comprendere i prodotti delle storture sociali, dei danni coltivati dentro e fuori le relazioni famigliari. Brandendo il principio di autorità del sano e del vigoroso, del culto di una “fortitudo” biologica e sociale da Spartaco dell’esistenza.

Le parole della Meloni sono generate da una cultura fascista che si esprime nell’incapacità clinica, quella di sapersi porre accanto all’altro, di piegarsi nell’ascolto, nel bandire il giudizio e accogliere il suo essere, complesso, conflittuale innanzitutto per se stesso. È la cultura dell’anomia che considera devianza tutto ciò che viola le norme, i pregiudizi e le aspettative sociali.

Questo oggi è il manifestarsi del fascismo: il progetto di rendere opinione diffusa, senso comune la necessità di una società ordinata, igienizzata, normalizzata attraverso la pulizia sociale, l’igiene  mentale, etica e culturale.

Si tratta della malattia sociale che stiamo rischiando di contrarre nuovamente, la cui gravità produrrebbe l’assuefazione a ritenere che è normale solo ciò che è considerato tale dal popolo sovrano. La normalizzazione delle condotte individuali e sociali secondo un principio di ordine e disciplina che è quello imposto dalla semplificazione dei luoghi comuni. I rumori di fondo dei nostri quotidiani rischiano di impedirci di comprendere ciò che sta realmente accadendo, che pare avere le sembianze di un sentire comune, del bisogno di ordine e sicurezza. Il disorientamento generale impedisce di avere menti e orecchie attente a cogliere i sintomi di un fascismo latente a cui assuefare quanti credono di riscattarsi dalla loro mediocrità attraverso il populismo e il sovranismo, attraverso il ritorno agli “uber alles” di antica memoria.

Mettere insieme baby gang, bullismo e hikikomori è il massimo della strumentalizzazione, è una becera volgarità, che gioca d’effetto sull’ignoranza, sapendo che la stragrande maggioranza del pubblico non ha idea di che cosa significhi “hikikomori”. Che non è una violenza, non è una droga, non è una malattia, ma una tragedia per chi ne è vittima e per le famiglie che devono condividere questo dramma. Solo usare questo termine etichettandolo come devianza sociale è una violenza, violenta come una spedizione punitiva di manganellatori, alla stessa stregua di camicie nere e picchiatori mentali.

Gli hikikomori. sono quei nostri figli e figlie che si rinchiudono in casa rifiutando ogni rapporto con il mondo di fuori. Un dramma frutto delle contraddizioni del nostro vivere sociale, un dramma di fronte al quale le famiglie sono lasciate sole e la scuola fino ad oggi si è dimostrata incapace di aiutare e affiancare questi giovani e i loro genitori. L’uscita della Meloni è quanto di più allarmante per il loro futuro perché, anziché una soluzione di aiuto e di presa in carico, preannuncia una risposta di persecuzione, di punizione o di virile prevenzione.

Questa è la lingua fascista della Meloni che non contempla alcun cedimento al “cum patior”, la compassione, l’empatia, il provare le emozioni, il soffrire con te e per te, è una  lingua di condanna senza appello dell’aborto, dell’eutanasia, di ogni uscita dal terreno seminato dal conservatorismo più reazionario. È con lo sport che si crescono generazioni di giovani sani, come si pretendeva con i giochi del Littorio, e le adunate fasciste.

“Fascista è chi fa il fascista” ha scritto con intelligenza Michela Murgia nel suo “Istruzioni per diventare fascisti” da riprendere in mano e da leggere come antidoto contro l’ottundimento di massa che pare circondarci.