Lo Stato etico è servito

A Cutro nessun dio ha battuto un colpo. Nè a Cutro né in alcun altro mare o teatro di guerra. Di fronte ad una umanità che esonda e muore non c’è nessun oltreuomo che si palesi, ma l’usuale umanità meschina di ogni nostro quotidiano.

“Morti sono tutti gli dei: ora vogliamo che l’oltreuomo viva” esclama e profetizza Zarathustra. 

Se qualcuno temeva gli effetti del nichilismo ora può mettersi il cuore in pace, perché il nuovo millennio ci promette ancora: dio, patria e famiglia.

Chi paventava l’incontro con il futuro può rasserenarsi, perché il futuro è un guscio vuoto. Il tempo viaggia, anzi “fugit” per dirla con i latini, ma non viaggia verso il futuro che è una “non-destinazione”, solo un buco attraverso il quale far trascorrere il tempo.

I nostri giovani che hanno sete di futuro sono andati all’estero a cercarlo come qualcosa che abita altri territori, ma non la terra dei loro padri.

Ecco il salto nel passato, la capriola all’indietro. Già eravamo poco fiduciosi nella lealtà del  progresso e pure il domani era piuttosto offuscato.

Ora il fermo immagine è sicuro e promette di riavvolgere la pellicola dove ci attendono i valori risorgimentali dimenticati, quelli che abbiamo trascurati, presi dall’ebrezza dei dio morto, dell’individualismo, della libertà, della scienza e della tecnologia: dio, patria, famiglia. 

Da qui occorre ripartire per far risorgere un popolo e una nazione.

Il programma di uno Stato Etico da instillare goccia dopo goccia, giorno dopo giorno dai pulpiti della politica, delle istituzioni, dei mass media con parole che entrano bene trovando il terreno già caldo, predisposto: dio, patria e famiglia. 

Un monosillabo, un bisillabo, un trisillabo. Avvertite come scivolano uno dopo l’altro nell’orecchio, basta inspirare e salgono al cervello, e il gioco è fatto. 

Una spruzzata di merito, una grattugiata di umiliazione, un pizzico di leva e ti risollevo la nazione.

Perché resuscitare i morti, esporre i loro cadaveri, farli assurgere a valori quando il tempo e gli uomini li hanno già sepolti?

È l’opera pedagogica dello stato etico che ai diritti antepone i doveri, e non importa se quei doveri dal sapore mazziniano sono stati sconvolti dal Fascismo e dal secolo del male assoluto, e solo la Resistenza e la Costituzione hanno restituito loro una dignità laica e civile.

Che senso ha riportare indietro le lancette dell’orologio della storia se non quello di oscurare gli avvenimenti di dopo, voltando le spalle alla lotta di liberazione, alla nascita della  repubblica, se non il fatto che quegli avvenimenti e quello che hanno significato non sono condivisi e non sono graditi al pensiero della classe politica che con il voto degli italiani oggi ci governa.

Era di Croce e di Gentile, agli inizi del secolo scorso, l’idea che il Risorgimento fosse  incompiuto, un processo storico dello Spirito che attendeva l’uomo della provvidenza per farsi spirito nazionale. E l’uomo della provvidenza, ahimè, non tardò a venire.

Ecco, il ritorno al lessico risorgimentale fa pensare che si voglia riprendere una storia interrotta e che gli italiani siano ancora da fare. Che gli italiani, così come sono riusciti in oltre un secolo e mezzo che ci separa dai moti mazziniani, non piacciano a quella parte del paese che ancora si riconosce in dio, patria e famiglia a prescindere dalle coerenze di vita personali. 

Ci sarebbe una crisi morale del popolo. È una vecchia tesi che fa pendant con la crisi morale dell’Occidente.

I segni della crisi sono cresciuti sui cadaveri sepolti di dio, della patria e della famiglia, vanno dalla omosessualità all’aborto, fino alle immigrazioni che minacciano i nostri confini nazionali.

Esistono i doveri. Di diritti non si sente parlare, perché i diritti costano e i doveri si impongono. Libertà, fraternità, eguaglianza, giustizia sociale, lavoro, solidarietà. Ma questi appartengono alla storia che si vuole oscurare.

Invece lo stato etico si premura di educare nuove generazioni di italiani attraverso il premio del merito e il castigo dell’umiliazione.

Ritorna la teoria della parentesi, come se le parentesi si dovessero chiudere per sempre e si dovesse riprendere il cammino interrotto. È la teoria della destra liberale crociana che ha chiuso dentro una parentesi metà di un secolo, quello scorso, dal fascismo alla seconda guerra mondiale. 

Pertanto è legittimato solamente chi si riappropria  del lessico risorgimentale, lo fa  proprio fino a renderlo identitario, è l’operazione compiuta dalla destra meloniana per essere riconosciuta.

Così un partito di estrema destra, rimasto a lungo imprigionato dentro quelle parentesi, presentandosi come l’erede del lessico risorgimentale contrapposto alle parole della Resistenza, si fa maggioranza nel paese e ne conquista il governo.
Dichiara l’inattualità dell’antifascismo perché il fascismo è stato una parentesi, l’interruzione di una storia da riprendere nei suoi valori, i valori che sono dello Spirito.

E quindi in quanto tale anche l’antifascismo perde di attualità, pertanto da chiudere tra le parentesi della storia. Pertanto 335 innocenti furono massacrati alle Fosse Ardeatine solo perché “italiani”: un popolo, una nazione.

Restituire la patria al Risorgimento, anteporre alla festa della Liberazione, festa solo per alcuni, la Sinistra in ispecie, la festa dell’Unità nazionale conquista risorgimentale, patrimonio identitario di tutto il popolo patriottico.

Ciò che spaventa è come tutto ciò abbia potuto accadere. La storia, sappiamo, è piena dei senni di poi, ma sembra che non ci abbia mai guariti.