L’accostamento bambini bosco suscita immediatamente suggestioni ataviche, emozioni e paure profonde, radicate nella nostra storia evolutiva e nell’immaginario collettivo.
Il bosco è un luogo tetro, intricato dove ci si può perdere e dove hanno casa le streghe, come quella di Hansel e Gretel, gli gnomi e gli elfi.
Dal bosco si torna solo se per strada lasci una traccia di piccoli sassi bianchi in modo da poterli vedere anche di notte con la luce della luna. Le briciole non vanno bene, perché poi se le mangiano gli uccelli e tu la strada del ritorno non la ritrovi più.
Ci sono bambini che si perdono nel bosco e non sanno più tornare a casa, scriveva negli anni ’70 del secolo scorso il professor Andrea Canevaro che d’infanzia se ne intendeva.
E se si perdono è sempre colpa di qualcosa più grande di loro, come un adulto, ad esempio. Un adulto che non tenga conto delle tracce che il bambino lascia, della casa che è la sua realtà culturale, incisa nel suo corpo e in tutta la sua persona, che pretenda che sia valida soltanto una “cultura” e non altre.
È quello che potrebbe accadere ai bambini cresciuti nel bosco di Palmoli in provincia di Chieti.
Il loro bosco è un bosco ridente, rassicurante perché abitato e vissuto con l’affetto dei loro genitori, un bosco che non è una favola, ma una scelta di vita che mamma e papà hanno compiuto per se stessi e per i loro figli. Una scelta che nessuno può proibire. Può discutere, approvare o non approvare, ma impedire no.
L’articolo 30 della nostra Costituzione è molto chiaro nel merito: ”È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.”
Del resto a nessun bambino che viene al mondo è dato di decidere dove nascere e quali genitori ritrovarsi. I bimbi di Palmoli nel bosco ci sono nati, come i bimbi che nascono in un grattacielo o che vedono la luce in territori di guerra.
Ecco, è qui che mi sembra stia la vera questione, a prescindere dal provvedimento del tribunale dei minori dell’Aquila e dalla sua fondatezza o meno.
La responsabilità dei genitori nei confronti dei figli minori.
L’articolo 30 della Costituzione la definisce con tre verbi: mantenere, istruire, educare.
Gli articoli successivi chiariscono che la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia (art. 31) e al secondo comma dell’articolo 33 sancisce che la Repubblica detta le norme sull’istruzione. Dunque, fin qui non ci sarebbero problemi. I problemi sorgono con “educare”. Sull’educare la Repubblica non interviene, lasciando totale libertà alla famiglia. Educare è compito precipuo della famiglia.
Noi ci riempiamo la bocca di scuola che deve educare, di scuola comunità educante, ma la nostra Costituzione, volenti o nolenti, alla scuola assegna non il compito di educare che resta in capo alla famiglia, ma il compito di istruire.
La scelta della famiglia di Palmoli di vivere nel bosco e di crescere i tre figli a contatto con la natura, lontano da una società che con il suo stile di vita ha corrotto l’ambiente e la natura umana è chiaramente una scelta educativa. Non certo nuova. Ha il suo precedente più illustre nell’ Emilio o Dell’educazione di Jean Jacques Rousseau, che però ha pure scritto Il contratto sociale.
La tesi di Rousseau è nota: l’uomo in natura nasce buono, è la società che lo corrompe. Pertanto l’educazione di Emilio si svolge a contatto con la natura, lontano dagli influssi della vita sociale. Ma Emilio non è in fuga dalla società, perché per il ginevrino l’educazione serve a creare uomini nuovi per una società nuova.
Del resto è da sempre l’aspirazione di tutte le educazioni quello di formare generazioni capaci di migliorare il mondo, basti pensare all’uomo nuovo di Karl Marx.
La dimensione esistenziale dell’educazione secondo Rousseau è un modo di essere “nel” e “con” il mondo.
Non è che ritirandosi dal mondo, vagheggiando una dimensione di vita che guarda al passato anziché misurarsi con l’asprezza del futuro si costruisce una nuova Atlantide, si nutre solamente il narcisismo del proprio individualismo, chiudendosi nella propria setta, rivendicando il diritto a chiamarsi fuori. Portandosi con sé i proprio figli, plasmati e modellati a propria immagine e somiglianza.
Pensando che si possa vivere in una società senza le conquiste che il passato tanto vagheggiato ci ha consentito in tutti i campi, dall’educazione alla scienza e alla tecnica. Se rinunciassimo alla continua conquista della conoscenza attraverso lo studio e la ricerca scientifica, per dedicarci tutti alla purezza di una vita bucolica cosa potrebbe essere del nostro futuro? Allora sì che saremmo tutti persi nel bosco.
Così in quel bosco in cui ora i piccoli scorrazzano felici, in quello stesso bosco potrebbero perdersi una volta cresciuti e chiamati a misurarsi con il mondo in cui si troveranno a vivere e questa responsabilità ricadrà sui quei genitori che hanno scelto per loro.
In una società preoccupata per il futuro, in preda alle tentazioni autoritarie e alle derive neoliberiste, di fronte all’ascesa dell’individualismo e del comunitarismo più vario, l’educazione riacquista la sua centralità. Non come forma di manipolazione ma come strumento di libertà, perché ciascuno cresca nell’impegno ad apprendere e ad agire.
Al centro di ogni democrazia sta l’educabilità di tutti nell’interesse di tutti, che non può essere sottratta e rivendicata come esclusiva di questa o quella visione della vita o del mondo, semmai pretendendo il sostegno finanziario dello stato.
Come ha scritto Philippe Meirieu, ogni democrazia ha bisogno di formare le persone a “pensare con la propria testa” e a “costruire un mondo comune”, a liberarsi da qualunque forma di manipolazione per associarsi liberamente con gli altri.
Probabilmente è oggi questo il problema più importante per qualunque società che voglia dirsi democratica.
È questa la vera questione che cela il bosco di Palmoli, il futuro di quei bambini che non può essere responsabilità dei soli genitori, ma in una democrazia avanzata è a carico di tutti noi.

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.